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mercoledì 4 maggio 2016

Incontro con L'autore. Giovanni Cecini


Roma
 Presidenza Nazionale  Piazza Galeno - Viale Regina Margherita
Mercoledì 4 Maggio 2016 ore 17 





 La Grande Guerra si concluse per l’Italia con grandi prospettive. La possibilità di coronare il Risorgimento era solo uno degli aspetti bellici, che investivano la politica estera e militare del Paese. Il Mediterraneo era e rimaneva il centro strategico di antiche ambizioni, anche a fronte dell’occupazione della Libia e del Dodecaneso, regioni che aprivano all’Italia nuovi scenari all’interno delle intricate relazioni con le Potenze vincitrici del conflitto mondiale appena concluso.
Dopo la partecipazione alla prima occupazione della Capitale ottomana all’inizio del 1919, grazie all’attività d’intelligence delle autorità militari e diplomatiche italiane dislocate ad Atene, a Costantinopoli, a Smirne e a Rodi, il Governo italiano preparò un piano d’azione, per realizzare una rapida occupazione militare delle principali località costiere dell’Anatolia e assicurarsi prima dei diretti antagonisti ellenici il predominio dell’Egeo.

A seguito delle repentine trasformazioni militari e politiche della nuova Turchia kemalista, i contingenti interforze italiani inviati nel vecchio Impero ottomano, ipotizzati per un fulmineo colpo di mano di una Nazione vittoriosa in antagonismo verso i suoi Alleati, cambiarono gradualmente pelle. Soldati, marinari, carabinieri e finanzieri si rivelarono capaci di saper gestire situazioni critiche ben diverse in un Paese non solo sconfitto, ma in profonda difficoltà e per questo desideroso di risorgere. La scarsità di uomini e materiali, la penuria di mezzi di comunicazione, il terreno impervio e gli intrighi politici, in cui si trovò a operare il contingente italiano, lo portò tuttavia a una buona tenuta di efficienza ed efficacia. I vari comandanti, malgrado le loro peculiari sensibilità, non scaddero mai nella facile scelta di arrivare allo scontro aperto con i greci o con i turchi, nel tentativo di cavalcare personali ambizioni. Essi compresero i tanti limiti e le differenti potenzialità della loro missione e cercarono di essere buoni comandanti, prima che valorosi condottieri.

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