DIBATTITI
Sergio Benedetto Sabetta
Premessa
In questi anni al volgere del nuovo millennio si è ripetuto
in termini similari quello che accadde a cavallo tra i XIX e il XX secolo, a
cui ad una fase di euforia seguì la disgregazione violenta degli equilibri
politici.
A fine ‘800
una notevole esaltazione aveva fermato le società industrializzate europee,
positivismo e tecnica promettevano una crescita infinita con un coinvolgimento
mondiale, l’Europa ne sarebbe stata guida e principale beneficiaria attraverso
i suoi immensi imperi coloniali.
Tuttavia già
a partire dai primi anni del ‘900 si aprirono le prime crepe, conflitti che
apparivano lontani e limitati quali la guerra del 1905 Russo-Giapponese, le
guerre balcaniche, la crisi di Agadir e la guerra Italo-Turca per la Libia, a
cui si affiancarono opposti blocchi di potenze europee.
Una
crescente conflittualità prese piede, alla quale seguì l’esaltazione della
forza quale strumento diplomatico di coesione e risoluzione dei conflitti.
Tutto fino al precipitare nella catastrofe della Grande Guerra, dove la
stabile centralità dell’Europa si dissolse insieme a quattro Imperi, con un
conseguente vuoto di potere e iniziò ad essere riempito oltre Oceano e la
conseguente creazione di una continua instabilità, depressione a cui si
affiancò l’abitudine alla violenza quale metodo fino al crollo della 2° Guerra
mondiale e al definitivo ridimensionamento dell’Europa.
Analogamente
in questi anni vi è stato un progressivo diffondersi della sfiducia su una
inesorabile crescita del benessere e della pace nel mondo a direzione USA,
attraverso la sola globalizzazione economica della quale gli USA erano gestori
ultimi.
Una serie di
conflitti nel mondo di cui era difficile la soluzione hanno indotto gli USA ad
uscirne, indebolendo ulteriormente la fiducia nel modello globale.
L’impoverimento
della stessa classe media americana, oltre alle nuove ideologie californiane in
opposizione al precedente modello fondato sull’assimilazione hanno indebolito
la coesione della Nazione in termini di potenza, favorendo il ridimensionamento
degli USA secondo una nuova teoria di Monroe.
Questo può
pertanto in una nuova più ampia conflittualità ridurre ulteriormente
l’Occidente nel suo insieme, favorendo i nuovi centri di potere, Cina e India
in primis.
L’Italia nel Mediterraneo
Cento anni
fa, in questi anni, avveniva la riconquista della Libia già sottratta
all’impero turco con la guerra del 1911 insieme al Dodecanneso in parte persa
per le rivolte delle tribù berbere durante la Grande Guerra, dove lo sforzo
principale era diretto contro l’Austria-Ungheria.
Attualmente
vi è un nuovo riprendersi spazi economico-strategici da parte della Turchia, la
quale nel volere riaffermare una propria area economico-imperiale di influenza
dal Mar Nero al Caucaso, dal Mar Rosso al Mediterraneo interviene nelle aree
critiche tanto finanziariamente che materialmente con uomini e mezzi.
In questo
suo dinamismo nel Mediterraneo si è insediata, oltre che nella parte orientale del Mar Egeo in Siria ed Iraq, anche nei
Balcani in particolare nell’Albania al di là dell’Adriatico, per non parlare
della Tripolitania a cui recentemente si è aggiunta l’infiltrazione in
Cirenaica dove erano già presenti russi ed egiziani.
Sebbene
alleati vi è una competizione economica e di risorse da tenere presente, basti
pensare al gas e al petrolio.
Sorge quindi
la necessità di controllare le sponde del Mare Mediterraneo, ossia le vie marittime
congiunzione tra gli oceani, si deve considerare che per i mari passano l’85%
delle merci mondiali, d’altronde le sponde libiche tagliano il Mediterraneo a
metà permettendone il controllo.
In questo
occorre preparare e possedere una forza militare credibile, non tanto per
essere usata in conflitto aperto quanto per dare credibilità all’attività
diplomatica e alle trattative che ne conseguono circostanza che ha indotto sia
la Turchia che la Francia a tendere verso l’assimilazione piuttosto che
l’integrazione al fine di rendere omogenea la popolazione in caso di conflitto,
secondo una visione di potenza.
Dobbiamo
comunque sempre tenere presente che siamo entro la strategia americana, tanto
che il Memorandum del 2019 sottoscritto dall’Italia relativo al piano cinese
della Via della Seta ha provocato uno scontro con gli USA, in quest’ambito, in
termini più limitati, manteniamo comunque una capacità di manovra tattica nel
bacino del Mediterraneo ed entro l’UE,
di cui non dobbiamo mai dimenticare i vari interessi nazionali interni
che l’agitano impedendone un’azione efficace unitaria.
Questo
comporta la necessità di pianificare una propria strategia nazionale da
mantenere sostanzialmente costante nonostante le vicissitudini politiche
interne, il problema è la nostra frammentarietà culturale che tende ad
appoggiarsi per gruppi ai vari interessi stranieri al fine di prevalere nei
conflitti interni, mentre per l’estero con una visione salvifica si demanda la
difesa agli USA e gli interessi economici ad alleanze con i vari potentati.
Abbiamo
osservato che l’UE è un’idea economica più che politica, dove le varie entità
spesso confliggono sul piano storico-strategico, anche per le manifeste
divisioni tra le varie Europe, Nordica, Baltica, Mediterranea, Orientale e
Balcanica.
Pertanto ad
una proiezione sul Mediterraneo in termini economici e difensivi deve
affiancarsi una proiezione verso l’Europa al fine della creazione di una
propria area di influenza necessaria sia in termini economici che politici
nelle continue trattative a Bruxelles.
Questo
necessita di una chiara direzione, come nel caso dei francesi che hanno agito
in termini aziendalistici pianificando l’acquisto di importanti aziende
italiane, espandendo così, tra l’altro, la base politico-economica nelle
trattative entro l’UE, in particolare con la Germania.
Anche con la
Germania vi è un rapporto di influenza essendo la pianura padana strettamente
collegata economicamente alla Baviera attraverso il Brennero e l’Austria,
circostanza che conduce a spaccare l’Italia all’altezza circa della vecchia
Linea Gotica, memoria del 1944/45.
Tuttavia
avere una propria strategia e la
conseguente area di influenza conduce a cambiare la propria pedagogia,
impegnandosi in un percorso faticoso e costoso finanziariamente, almeno
all’inizio, non gradito da una popolazione anziana e da giovani generazioni
prevalentemente disabituati alla fatica di un impegno quotidiano.
Giovani che
peraltro sono nella tecnica e come tali ne diventano elemento molto efficiente,
ma anche privati della capacità di una propria analisi , in quanto un “elemento” e come tale affascinati da
soluzioni ideologiche semplicistiche provenienti dagli USA.
Nessun commento:
Posta un commento