( Seconda parte )
Ten. Art. Pe. Sergio Benedetto
Sabetta
Durante la
Guerra Fredda era previsto che l’eventuale attacco verso l’Italia delle armate
del Patto di Varsavia, costituite da Russi e Ungheresi con una forza di circa
2.000 carri armati, avvenisse con direttrice principale attraverso la Soglia di
Gorizia attraversando Carinzia e Slovenia, con una possibile diversione
attraverso il Tirolo verso l’Alto Adige, mentre la Jugoslavia rimaneva una
incognita tra i due schieramenti.
A tal fine
erano stati ipotizzati tre scenari : una aggressione totale che, coinvolgendo
anche la neutrale Austria, investisse tutto il confine orientale dall’Alto
Adige al Friuli – Venezia Giulia; una più limitata alla sola Soglia di Gorizia;
infine uno scontro diretto e a sorpresa con la sola Jugoslavia.
La
principale direttrice ipotizzata era la Val Canale con due azioni sussidiarie
per avvolgere Tarvisio attraverso Passo Pramollo e la Val Saisera, l’ipotesi
minore prevedeva il solo attacco attraverso la Val Canale con direttrice Sava.
Si
ipotizzava un attacco preliminare di guastatori e pionieri che avrebbero dovuto
aprire dei varchi nelle difese avanzate, contemporaneamente reparti
aviotrasportati e di paracadutisti avrebbero operato in profondità contro
comandi, logistica e vie di comunicazione per creare confusione ed impedire una
reazione coordinata, seguiva l’assalto della fanteria meccanizzata per ampliare
e approfondire i varchi a cui sarebbero seguite le colonne corazzate per l’avanzata
in profondità verso la pianura veneto –
lombarda.
Al fine di
spezzare l’urto iniziale lungo il confine erano state predisposte varie
fortificazioni, che in parte si appoggiavano nel fronte montano sulle
precedenti fortificazioni ante – guerra del Vallo Alpino riadattandole, mentre
sulla pianura erano mascherate quali fattorie, case cantoniere, pagliai, etc.
Le
postazioni in roccia garantivano la resistenza ai bombardamenti di artiglierie
ed aerei, comprese le esplosioni di cariche nucleari tattiche su una distanza
superiore a 1 Km.
Le strutture
costruite nel dopoguerra si rifacevano alla tecnica delle fortificazioni
tedesche del 1943 – 45, con una notevole potenza di fuoco su tutto l’orizzonte
e una limitata esposizione per le loro dimensioni al fuoco nemico.
Al momento
dell’entrata dell’Italia nella NATO nel 1949 l’esercito italiano operativo era
costituito da :
-
1
Divisione di fanteria ternaria – Mantova;
-
2
Divisioni di fanteria binaria solo complete in parte – Granatieri di Sardegna e
Cremona;
-
2
Divisioni di fanteria in formazione – Aosta e Avellino;
-
2
Divisioni motorizzate binarie non complete nei mezzi di trasporto – Folgore e
Legnano;
-
1
Brigata motorizzata quasi completata – Ariete, con poche unità di artiglieria e del genio.
Nel 1953 il
nuovo esercito italiano affrontò con successo la prima prova, l’Esigenza T (Trieste), quando verso la fine dell’estate furono richiamati 294
ufficiali, 525 sottufficiali e 12.380 militari di truppa in congedo, per un
totale di 3.000 specializzati e 10.000 generici, così da completare alcune
grandi unità da schierare alla frontiera Est al fine di scoraggiare eventuali
azioni offensive jugoslave verso Trieste, le divisioni impegnate erano la
Mantova, Folgore, Cremona, Julia, Tridentina, Cadore e Ariete.
Tra gli anni
‘ ’50 e ’60 si passò dalla dottrina di una distruzione atomica strategica ad
una dottrina di un uso tattico delle testate nucleari a seguito di una loro
larga disponibilità, secondo la serie dottrinale 700 la battaglia si sarebbe
svolta attraverso 4 successive azioni, presa di contatto, frenaggio, resistenza
ed arresto, azione di annientamento, il terreno di scontro si sarebbe
sviluppato con una profondità dai 160 ai 240 Km.
L’azione
sarebbe stata sostenuta dal fuoco convenzionale e/o nucleare dalla massima
distanza possibile, con successivi arresti mediante ostacoli, demolizioni e
allargamenti, a cui sarebbero seguiti contrattacchi risolutivi.
Determinanti
al fine di potere utilizzare le armi nucleari tattiche, logorare il nemico
ritardandone l’avanzata, risparmiando al contempo le forze, erano le
fortificazioni che permettevano, tra l’altro, di appoggiare con più
determinazione le nostre forze corazzate e meccanizzate frantumando la
compattezza dell’offensiva nemica.
Nella metà
degli anni ’70 ci fu una ristrutturazione dell’intero apparato militare con la
riduzione delle sue dimensioni a favore dell’ammodernamento, potenziamento ed
acquisizione di una maggiore elasticità operativa a fronte di un risparmio
economico, passando progressivamente dalla Divisione alla Brigata.
Si
costituirono tre Corpi d’Armata, 3°a Milano, 4° a Bolzano e 5° a Vittorio
Veneto con 4 Divisioni, tre meccanizzate – “Centauro” a Novara, “Folgore” a
Treviso e “Mantova” a Udine e una
corazzata – “Ariete” a Pordenone.
A queste si
affiancarono:
-
N.
8 Brigate meccanizzate”Goito” a Milano, “legnano” a Bergamo, “Brescia” a
Brescia, “Garibaldi”a Pordenone, “Isonzo” a Cividale del Friuli, “Gorizia” a
Gorizia, “Trieste” a Bologna, “Granatieri di Sardegna” a Roma.
-
N.
5 Brigate corazzate – “Curtatone” a Novara, “Mameli” a Tauriano, “Manin” ad
Aviano, “pozzuoli del Friuli” a Palmanova, “Vittorio Veneto” a Trieste.
La differenza tra meccanizzate e
corazzate risiedeva nel diverso rapporto tra battaglioni meccanizzati e
battaglioni carri, per impieghi diversi.
-
N.
5 Brigate motorizzate – “Cremona” a Torino, “Friuli a Firenze, “Acqui” a
L’Aquila, “Pinerolo” a Bari e “Aosta” a Messina. Nelle brigate motorizzate
prevaleva la fanteria con 2 battaglioni sull’unico battaglione carri che aveva
funzioni di appoggio.
-
N.
5 Brigate alpine – “Taurinense” a Torino, “Orobica” a Merano, “Tridentina” a
Bressanone, “Cadore” a Belluno, “Julia” ad Udine. Sebbene adatte all’alta
montagna, essendo dotate di adeguato fuoco anticarro, potevano agire in caso di
necessità anche in pianura.
-
N.
1 Brigata paracadutisti “folgore”a Livorno.
-
N.
1 Brigata missili – “Aquileia” a Portogruaro, con sede dei gruppi da Elvas
(Brixen) al Friuli.
-
N.
3 Battaglioni alpini d’arresto – “Val Tagliamento”, “Val Brenta” e “Val Chiese”,
per il settore montano.
-
N.
7 Battaglioni di fanteria d’arresto – 33° “Ardenza”, 52° “Alpi”, 53° “Umbria”,
63° “Cagliari”, 73° “Lombardia”, 74° “Pontida” e 120° “Fornovo” per le zone di
pianura.
-
N.
1 Comando truppe anfibie – Battaglione lagunare “Serenissima” e Battaglione
mezzi anfibi “Sile”.
A questi si affiancavano alcuni
reggimenti di artiglieria pesante e pesante campale, i reggimenti genio
pontieri e genio ferrovieri, numerosi
battaglioni pionieri e minatori, due reggimenti di artiglieria contraerea – il
4° a Mantova e il 5° a Mestre, infine 4 raggruppamenti dell’aviazione leggera
dell’esercito – 1° “Antares” a Viterbo, 3° “Aldebran” a Vercelli, 4° “Altair” a
San Giuliano di Laives e 5° “Rigel” a Casarsa Della Delizia.
Il comando FTASE era responsabile in
Italia della difesa terrestre della NATO, mentre in caso di conflitto atomico
la sede di guerra della NATO era “West Star” o in alternativa “Back Yard”.
Nel corso degli anni ottanta le
fortificazioni permanenti persero sempre più importanza in favore delle forze
mobili, questo nelle pianure, mentre mantennero la loro validità sulle
strettoie dei passi alpini, si deve inoltre considerare l’introduzione di nuove
tipologie di testate atomiche tattiche, come quelle ai neutroni (Bomba N), con
una notevole forza di penetrazione dei neutroni sul calcestruzzo e sul ferro,
dove svilupperebbero raggi gamma mortali per la materia vivente.
Nel luglio 1990 i paesi aderenti alla
NATO in una riunione a Londra ratificarono un “Nuovo concetto strategico” che
venne ulteriormente elaborato in un vertice a Roma nel novembre 1991 con la
“Dichiarazione sulla pace e sulla cooperazione”, dove vi era un mutamento del
concetto di sicurezza nazionale che diventava con la fine della Guerra fredda
sempre più un mantenimento dell’ordine internazionale, sostituendo quella di
difesa del territorio da attacchi esterni. (James
J. Sheehan, L’età post-eroica, Laterza 2009).
BIBLIOGRAFIA
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L.
Malatesta, I segreti della guerra fredda. Le strutture militari della NATO
presenti in Italia durante il conflitto atomico, Archivio storia, 2020.
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L.
Malatesta, West Star. La Stella d’Occidente, Bunker Soratte, Quaderni di Storia
Sant’Oreste, 2020.
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F.
Romero, Storia della Guerra Fredda, Einaudi, 2014.
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J.
H. Harper, La Guerra Fredda, Il Mulino, 2013.
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L.
Malatesta, Armi Nucleari a Nord-Est La III Brigata “Aquileia” Missili
1959-1991, Editrice Storica 2020.
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