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mercoledì 16 luglio 2025

AFRICA ORIENTALE ITALIANA. L'Ordinamento Monetario VI Parte

                                                                                                                                       DIBATTITI



L’ordinamento monetario fu incentrato sulla introduzione della lira italiana che si affiancò alla moneta più accettabile nell’area del Golfo Persico a quel tempo, il Tallero di Maria Teresa. A quel tempo il Tallero equivaleva a 13,50 lire italiane. Inizialmente vi fu una certa speculazione sul confronto con la lira, poi le merci provenienti dall’Italia. dagli altri territori coloniali italiani soprattutto il sale molto apprezzato dagli indigeni ridusse di molto fino ad annullarli questi squilibri.

Sul piano macroeconomico la conquista dell’Impero doveva, una volta per tutte, risolvere sia lo sviluppo dell’Italia sia quello annoso della emigrazione all’estero di una popolazione esuberante rispetto alle risorse interne. Come noto il Regime fece ogni sforzo per attenuare il fenomeno migratorio, sia quello interno che quello verso l’estero. Tra questo sforzi vi era quello di elevare la qualità della vita nelle colonie, come del resto avevano fatto e facevano le altre potenze coloniali Francia, Gran Bretagna e altri paesi colonialisti, per avviare nuovi flussi migratori. L’Italia, oltre al prestigio come grande potenza e oltre a dimostrare la propria forza militare, voleva dimostrare che l’Impero assolveva ad una funzione primaria: dare lavoro agli italiani, altrimenti tutta l’avventura e la grande conquista dell’Etiopia sarebbe stata solo una lussuosa avventura insignificante costata risorse e capitali ingenti.

In questo quadro di aspettative e speranze fu varato un piano sessennale (in Germania i piani erano quadriennali, in Unione Sovietica i piani erano quinquennali, noi scegliemmo il doppio triennio) approvato nel 1937, che avrebbe dato i suoi frutti dal 1943 in poi che prevedeva investimenti per oltre 12 miliari di lire di allora. I campi di intervento prevedevano primariamente le comunicazioni e quindi le opere stradali e opere affini come gallerie, viadotti, ponti, ecc, il potenziamento dei porti, opere di idraulica e centrali idroelettriche lì dove possibile; inoltre interventi consistenti in opere di edilizia coloniale, e di agricoltura anche essa coloniale, di bonifica, di rimboschimento, opere nel campo minerario e sfruttamento delle risorse fin dove possibile, costruzioni telegrafiche telefoniche e radio e potenziamento nel campo delle comunicazioni; infine un particolare settore fu dedicato alle opere a stretto interesse militare.

Un programma molto vasto che avrebbe attirato una notevole massa di lavoratori, soprattutto italiani. I primi anni il piano sembrò portare qualche successo, poi la situazione in Europa nel 1939 divenne tale che ormai la guerra era alle porte e quindi le prospettive cominciarono a ridursi sempre più fino a che con la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940 tutto il piano fu riconsiderato e convertito nella esigenza della difesa dell’Impero. Per l’Etiopia fu una novità assoluta. Questo intervento dello Stato nella economia era una novità per la dirigenza etiope. E’ il potenziamento di quella forma di Stato di stampo europeo, che permetteva all’Etiopia di accedere alla tecnologia e alla mentalità moderna, soprattutto sotto il profilo della qualità della vita per la popolazione.




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