DIBATTITI
Sergio Pirolozzi
Premessa
Come spesso accade in molti ambienti sia civili che militari, una persona viene apprezzata ed elogiata veramente solo dopo la sua morte. Lo stesso avvenne per il Generale Giulio Douhet, morto il 15 febbraio 1930 e già criticato nei suoi anni migliori da un folto pubblico, sia in Italia che all’estero, inventore della guerra aerea e autore della famosa opera “Il dominio dell’aria”, la quale ancora oggi è oggetto di discussione e di studio da parte di ambienti militari e strategici.
Immergiamoci nella sua opera più importante, nei suoi trascorsi più felici e in quelli più tristi, come il periodo di reclusione passato nella fortezza di Fenestrelle, per capire meglio gli aspetti più significativi “dell’arma aerea” e il pensiero di un personaggio eclettico e pieno di sfaccettature come Douhet.
1. Il pensiero di Douhet. 2. Il personaggio a tutto tondo.
1. Il pensiero di Douhet
Bisogna innanzitutto partire dal presupposto che in Italia la Regia Aeronautica, oggi Aeronautica Militare, nacque soltanto il 28 marzo 1923, cioè ben cinque anni dopo la fine della Prima guerra mondiale.
Da sempre l’umanità ha cercato di raggiungere e conquistare il cielo come allo stesso modo è riuscito con le terre emerse e a solcare i mari, ma solo verso la fine dell’800 e i primi anni del 1900 possiamo notare un notevole miglioramento dell’uomo verso la conquista del cielo, attraverso apparecchi di vario genere come mongolfiere, dirigibili e infine aeroplani di vario genere, tutti mezzi i quali erano considerati, soprattutto durante la guerra, più che altro un’appendice del Regio Esercito e della Regia Marina.
Il termine della Prima guerra mondiale nel 1918, metteva finalmente in qualche modo la parola fine alle tattiche di conquista risalenti ancora all’epoca Napoleonica portate avanti da generali che preferivano mandare a morire migliaia di soldati per pochi metri di territorio nemico conquistato, piuttosto che elaborare nuovi piani, nuove strategie e nuove tecniche innovative di conquista.
A supporto di tutto ciò, la forza armata che destava maggiori interessi ed ancora in piena fase iniziale di sviluppo, era l’Aeronautica; questo nuovo strumento bellico che avrebbe per sempre cambiato il modo di agire e combattere in qualsiasi teatro di guerra.
Sui problemi di una futura guerra aerea si accentrò l’interesse di tutti gli ambienti militari non appena apparve il libro intitolato il “Il Dominio dell’Aria”, scritto dal Generale italiano Giulio Douhet, nel frattempo deceduto nel febbraio 1930(1).
In esso veniva presentata una nuova dottrina strategica della guerra aerea, del tutto rivoluzionaria e divenuta ben presto tanto famosa fra gli esperti da meritare il nome di “douhetismo”.
Douhet portò le sue idee innovatrici alle estreme conseguenze.
Infatti, partì dal presupposto che anche la prossima guerra sarebbe naufragata in una guerra di posizione. Vide, perciò, nell'aeroplano l'unica arma che non avrebbe mai corso il pericolo di essere condannata all'immobilità e che da sola sarebbe stata in grado di provocare la decisione finale della guerra.
Addirittura, dichiarò esplicitamente che gli effettivi dell’Esercito e della Marina dovevano essere ridotti al minimo indispensabile, giusto per il controllo del territorio, e successivamente tutti gli sforzi economici, industriali, umani dovevano essere tutti concentrati solo sullo sviluppo di un’Aeronautica autonoma, forte, in grado di annientare qualsiasi resistenza nemica anche e soprattutto sul suo territorio, praticamente invincibile.
Per Douhet era fondamentale l’assoluto dominio dell’aria.
Possiamo sintetizzare il suo pensiero, riportandone qualche brano:
"Nella grande guerra, benché essa venisse a interessare profondamente popoli interi, avvenne che, mentre una minoranza di cittadini combatteva e moriva, la maggioranza viveva e lavorava per fornire alla minoranza i mezzi per combattere. Tutto ciò perché non era possibile oltrepassare le linee del fronte senza prima spezzarle. […] Ora è possibile oltrepassare le linee del fronte. L’aereo dispone di questa capacità. […] Attualmente abbiamo la piena coscienza dell'importanza del dominio del mare; ma non meno importante sarà tra breve la conquista del dominio dell'aria […] l'Esercito e la Marina non devono vedere negli aerei dei mezzi ausiliari capaci di essere utili in certe determinate circostanze, no: Esercito e Marina devono vedere negli aerei il nascere di un terzo fratello più giovane ma non meno importante nella grande famiglia guerresca. […] Conquistare il dominio dell'aria vuol dire vincere. […] Per assicurare la difesa nazionale è necessario e sufficiente mettersi nelle condizioni di conquistare, in caso di conflitto, il dominio dell'aria. […] Il dominio dell'aria non può venire conquistato che da una adeguata forza aerea. […] Le forze terrestri e marittime hanno finora dominato, ed il loro dominio era incontrastato: lo spazio era precluso all'uomo […] le armi dell'aria sono destinate a predominare su quelle terrestri e marittime. […] Tendere alla progressiva diminuzione delle forze terrestri e marittime e al progressivo accrescimento delle forze atte alla conquista del dominio dell'aria. […] La vittoria arride a chi precede le trasformazioni delle forme della guerra, non a chi si adatta alle trasformazioni stesse. […] La nuova forma della guerra, esaltando all'estremo i vantaggi dell'offensiva, produrrà inevitabilmente una rapidissima decisione dei conflitti armati"(2).
Di conseguenza il Douhet si ritrovò ad avere fidati seguaci e implacabili nemici.
Gli esperti militari si distinsero in tre gruppi:
1. ad un estremo, i “douhetisti ad oltranza”, quindi seguaci della dottrina del Douhet, che tenevano in considerazione soltanto l'impiego strategico dell'aviazione e per i quali la cooperazione fra Aeronautica, Esercito e Marina non aveva alcun significato;
2. all'altro estremo, i “seguaci ad oltranza della cooperazione”, ossia dell'azione in comune tra forze aeree e forze di superficie. Secondo costoro, l'importanza dell'aeroplano in guerra derivava soltanto dal compito, ad esso affidato, di sostenere tatticamente, quale Arma ausiliaria, l'Esercito e la Marina nelle loro specifiche operazioni. All’Aeronautica era negata qualsiasi possibilità di intervento strategico;
3. in posizione intermedia stavano gli esperti che, da un lato, avevano pienamente compreso il valore delle teorie douhetiane, ossia le enormi possibilità della guerra aerea strategica, ma che, dall’altro, avevano saputo riconoscere, per esperienza tratta dalla Prima guerra mondiale, i notevoli vantaggi della cooperazione fra truppe dell'aria e di superficie. Costoro avevano esattamente individuato le cause delle manchevolezze e delle esagerazioni contenute nella dottrina del Douhet e ne avevano chiaramente determinato i limiti(3).
Possiamo tranquillamente concludere questa prima parte sintetizzando la dottrina di Douhet nei cinque punti seguenti:
La guerra moderna non fa distinzione tra combattenti e non combattenti;
Le offensive terrestri non sono più in grado di garantire il successo;
L’altitudine operativa e la velocità delle forze aeree non consentono un’efficacia difesa antiaerea;
Di conseguenza, un paese deve essere pronto a lanciare massicci attacchi di bombardamenti, colpendo con durezza la popolazione, il governo e le industrie del nemico, al quale non resta altra opzione che chiedere la pace;
L’unico modo di conseguire tale risultato è una forza aerea indipendente che abbia nei bombardieri pesanti il suo fulcro(4).
2. Il personaggio a tutto tondo
Analizzato e sintetizzato ad ampio ventaglio il pensiero del Generale Douhet, nello specifico la sua celebra opera “Il dominio dell’aria”, nella seconda parte analizzeremo l’aspetto e la vita di questo personaggio così eclettico e dalle vedute così ampie, rispetto ai modelli e alle idee che si trascinava dietro i primi anni del ‘900.
Il Douhet nacque a Caserta il 30 maggio 1869 in una famiglia benestante, da padre nizzardo e madre vercellese. Fin da giovane scelse la vita militare, prima allievo al collegio militare di Firenze, poi all’accademia di Torino e infine alla scuola di applicazione d’Artiglieria e Genio.
Inizia la sua carriera militare in modo spedito e brillante ma nel 1912, lo dimostrano i vari avanzamenti di grado prima nel 1890 come Tenente d’artiglieria, nel 1912 come Maggiore, nel 1914 come Tenente Colonnello.
Nel frattempo, il 24 maggio 1915 l’Italia decide di entrare in guerra al fianco della Triplice Intesa ed è proprio in questo periodo che le sue opinioni sulla condotta delle operazioni durante la Prima guerra mondiale, la maggior parte delle volte esposte in modo scritto, si rivelarono spesso critiche e in contrasto con le linee guida portate avanti da parte del Comando Supremo.
Fu proprio questo il motivo scatenante che lo portò ad essere condannato nell’ottobre del 1916 ad un anno di reclusione nella fortezza di Fenestrelle, con l’accusa di “divulgazione di segreti militari”.
Durante i periodi trascorsi al fronte e i periodi delle licenze romane strinse molti rapporti con personalità politiche, in particolare con il ministro Leonida Bissolati, al quale consegnò nel giugno 1916 scritti sulla condotta delle operazioni assai dura sugli alti comandi e in particolare sul Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Luigi Cadorna, il quale va ricordato venne sollevato dopo la disfatta di Caporetto nell’autunno del 1917 e sostituito dal Generale Armando Diaz.
Sempre nell’estate del 1916 inviò nuovi scritti sulla situazione delle strategie, dei soldati, della condotta di guerra portata avanti dal Comando Supremo al fronte, al già noto ministro Bissolati e ai ministri Sidney Sonnino e Francesco Ruffini.
Proprio in questo momento, in circostanze mai del tutto chiarite, una copia dei suoi scritti finì nelle mani del Comando Supremo del Generale Luigi Cadorna, il quale, paradossalmente, non aspettavo altro che un passo falso di questo tipo da parte del Douhet.
Lo fece arrestare il 16 settembre 1916 e dispose il suo deferimento al tribunale militare di Codroipo con l’accusa di divulgazione di informazioni riservate sulla guerra in violazione di precise disposizioni sul segreto militare.
Il Douhet in realtà non aveva commesso alcun tipo di reato, a maggior ragione il fatto che gli scritti, anche se pieni di ogni tipo di polemica, erano stati inviati a ministri in carica in quel momento storico al governo, quindi, non c’era nessun tipo di mancanza da parte sua; la verità, sostanzialmente, era che durante la guerra il Comando Supremo voleva limitare il più possibile ogni tipo intromissione da parte del governo, e fu questa la “colpa” celata dietro il modus operandi del Douhet.
Esattamente un mese dopo fu definitivamente condannato a un anno di prigionia da scontare nella fortezza di Fenestrelle dove il Douhet non si perse d’animo, anzi, in un certo senso approfittò di questo periodo dove scrisse l’opera “Autodifesa”, pubblicata dopo la fine del primo conflitto mondiale, dove in modo brillante sostenne appunto di non aver commesso alcun tipo di reato nell’inviare informazioni strategiche sull’andamento della guerra ai ministri in carica.
Il periodo passato nella fortezza non fu affatto facile, oltre alla situazione in sé non va dimenticato che nel frattempo l’Italia era ancora impegnata nel primo conflitto mondiale, ma ebbe un grandissimo sostegno da parte della moglie amatissima e non venne mai meno la sua assoluta convinzione di aver agito in modo retto e pulito.
Al termine della Prima guerra mondiale, il Tribunale Supremo di Guerra e Marina annullò la condanna inflitta nel 1916, infatti, come già si presupponeva tempo addietro fu accolta la tesi difensiva che la consegna a un ministro di informazioni riservate non costituisse alcun tipo di reato.
Tutto questo coincide molto probabilmente, per colpe non sue, al periodo più basso della sua carriera militare e della sua vita personale ma nonostante tutte queste disavventure il Douhet fu sicuramente un personaggio straordinario, una mente splendida, promotore di tantissime iniziative encomiabili.
Esso fu il primo a proporre che venissero resi i più alti onori alla salma di un soldato caduto in guerra e rimasto ignoto, è proprio da qui che nasce tutta la storia e la leggenda del milite ignoto.
Nell’agosto del 1920 lanciò la proposta di erigere nel Pantheon di Roma una tomba, appunto, dedicata al “soldato ignoto”, che oltre a ricordare tutte le vite senza nome dei soldati morti durante la Prima guerra mondiale, allo stesso tempo rappresentava anche il simbolo della vittoria ottenuta.
La proposta del Douhet venne accolta con estremo piacere ed entusiasmo dall’Onorevole Cesare Maria De Vecchi, il quale, insieme al Senatore Del Giudice, andò ben oltre l’idea del Pantheon e presentò un disegno di legge in Parlamento per la costruzione di un monumento per tutti i soldati morti durante la Prima guerra mondiale.
Il decreto sulla “Sepoltura della salma di un soldato ignoto” venne approvato dal parlamento italiano il 4 agosto del 1921 e come luogo della tumulazione fu scelto il “Vittoriano” ovvero il monumento dedicato all’ultimo re di Sardegna e il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia.
Il Vittoriano divenne quindi un monumento che celebrava contemporaneamente il più importante primo cittadino italiano con il più eroico dei soldati italiani, il milite ignoto, che così posti insieme erano e sono li a rappresentare l’Unità d’Italia.
Conclusione
Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine intere sull’intera vita del Generale Douhet ma senza entrare troppo nello specifico sono due i punti fondamentali che vanno presi in considerazione quando si parla di questo personaggio così eclettico: il primo punto fondamentale è che Douhet, dopo Macchiavelli, è il primo teorico militare italiano di fama a livello mondiale; l’opera “Il Principe” di Niccolò Macchiavelli e l’opera “Il dominio dell’aria” di Giulio Douhet, erano, sono e saranno pietre miliari impresse per sempre nella storia.
Il secondo punto fondamentale è che la sua dottrina va assolutamente contestualizzata e rapportata al periodo in cui venne formulata, considerati i limiti tecnici e soprattutto politici del suo tempo e che l’Aeronautica nascerà ufficialmente soltanto il 28 marzo 1923.
Il Douhet fu un geniale anticipatore delle reali possibilità dell’aviazione e ancora oggi non vanno dimenticate le sue innumerevoli battaglie, dove la maggior parte delle volte veniva criticato e osteggiato da buona parte dell’opinione pubblica, politica e militare, per lo sviluppo ai massimi livelli della sua dottrina della guerra aerea e dell’aeronautica come forza armata autonoma.
1 G. Douhet, Dominio dell’aria, Ministero della Guerra, Roma, ed. 1927.
2 G. Douhet, La difesa nazionale, Torino, 1923, Cit. in E. Bonaiti, Il bombardamento strategico, p. 11. Cfr. G. Angelucci, Douhet e la teoria del dominio dell’aria, op. cit. p. 27 ss.
3 Cfr. G. Angelucci, Douhet e la teoria del dominio dell’aria, op. cit. p. 27 ss.
4 Cfr. G. Angelucci, Douhet e la teoria del dominio dell’aria, op. cit. p. 27 ss.
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