martedì 24 giugno 2025

GUERRA FREDDA E GUERRA ATOMICA

 UNA FINESTRA SUL MONDO


Ten. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

            All’inizio degli anni Cinquanta gli USA impostano la “Strategia della risposta massiccia”, implementata nel 1952 da Eisenhower, partendo dal disequilibrio delle forze convenzionali tra NATO e Patto di Varsavia, avendo gli USA e gli altri alleati occidentali smobilitato al termine della guerra al contrario dell’URSS.

            In caso di aggressione ad un paese della NATO vi sarebbe stato l’immediato uso delle armi nucleari contro l’aggressore, a seguito della crescita del numero e della potenza delle armi atomiche ( Bombe H) si adottò la teoria della “ Distruzione reciproca assicurata” ( MAD – Mutual Assured Destruction ).

            All’inizio degli anni Sessanta, anche a seguito di crisi regionali come nel caso di Cuba, si elaborò una strategia più flessibile, nacque la “Dottrina della risposta flessibile” ( Kennedy) ossia l’utilizzo degli stessi mezzi bellici dell’aggressore, in una crescita progressiva che poteva trasformarsi in una rapida “escalation” verso il conflitto totale.

            In caso di attacco si prevedeva la perdita della zona centrale dell’Europa            ( Germania – Ovest) fino al Reno, mentre nel teatro italiano le preponderanti forza corazzate del Patto di Varsavia (carri armati T 54 e 55 – blindati BMP e BMD) sarebbero dilagati attraverso la “soglia di Gorizia”, a cui affiancare i passi alpini tra Austria e Italia.

            In questo caso la velocità di penetrazione sarebbe dipesa dalla posizione assunta dalla Jugoslavia di Tito, opposizione all’avanzata, neutralità o affiancamento alla Russia.

            Le forze USA avrebbero avuto bisogno di oltre un mese per essere trasportate e schierate oltre Atlantico, si adottò quindi all’interno della risposta flessibile la strategia della “Difesa avanzata”. Occorreva pertanto rallentare l’avanzata nemica, logorandola in scontri successivi e riducendo le sue linee di rifornimento.

            Nelle pianure tedesche ed italiane si pensò di adottare il sistema dei “corridoi di annientamento”, come nell’Ottocento avveniva tra quadrati per le cariche di cavalleria, si utilizzavano i centri abitati quali fortezze per frantumare l’attacco, obbligando le linee di avanzata a dividersi e allungarsi.

            Con l’arma aerea e l’artiglieria a lunga gittata si colpivano le retrovie, in questo utilizzando tra l’altro testate atomiche tattiche che in Italia erano gestite dalla III^ Brigata Missili “Aquileia” incardinata nel 5° Corpo d’Armata, i cui Gruppi coprivano dal Brennero al Tagliamento, vi sarebbe stato un progressivo ripiegamento nella pianura veneto – lombarda, da un corso d’acqua al successivo.

            Gli effetti delle esplosioni atomiche erano ampiamente descritti dai manuali tecnici delle Scuole Militari, per effetto dell’esplosione vi sarebbe stata una iniziale violenta onda d’urto determinata dallo spostamento d’aria, con conseguente vuoto d’aria.

            L’onda è composta da due onde, una diretta che raggiunge la superficie del suolo, l’altra riflessa dal suolo, le due onde si fondono in una sola onda di pressione doppia che si espande concentricamente sulla superficie, raddoppiando la forza d’urto.

            I gas caldi prodotti dall’esplosione in aria determinano una colonna ascensionale di polvere e detriti, i quali resi radioattivi nella loro lenta ricaduta rendono a loro volta radioattivo il terreno.

            Altro elemento è l’onda di calore che si espande concentricamente, bruciando gli elementi combustibili che incontra. Nel raggio di 1 Km dal centro dell’esplosione vi è la distruzione totale delle abitazioni, a 2 Km il crollo delle strutture in mattoni, a 3 Km il crollo delle costruzioni leggere, a 4 Km il crollo delle sovrastrutture.

            La vampa di calore precede l’onda d’urto, in quanto viaggia alla velocità della luce ( 300.000 Km secondo), mentre l’onda d’urto viaggia alla velocità del suono         ( 360 m secondo), si sono osservate ustioni lievi se al riparo fino a 5 Km di distanza dal centro dell’esplosione, peraltro i maggiori danni immediati derivano dai crolli e dalle schegge lanciate dovunque. Si consiglia pertanto di ripararsi dietro strutture solide o gettarsi a terra, preferibilmente in fossati o avvallamenti, ricoprendosi possibilmente con teli spessi.

            Il maggiore problema è comunque la radioattività che persiste nel tempo e i cui danni si manifestano anche a distanza di anni, essa si distingue in una radiazione iniziale ed una residua-

            La radioattività iniziale, derivante dai raggi gamma e neutroni, si esaurisce in pochi secondi dall’istante dell’esplosione, in contemporanea all’onda d’urto e alla vampa di calore.

            La radioattività residua consiste nei raggi alfa, beta e gamma emessi, sia dai corpi circostanti all’esplosione per effetto dell’urto dei neutroni, sia direttamente dal materiale radioattivo, uranio arricchito e plutonio, usato per l’esplosione.

            I raggi alfa e beta hanno uno scarso potere di penetrazione, diventano tuttavia pericolosi se ingeriti con la polvere o depositati sulle ferite, mentre i raggi gamma attraversano completamente il corpo umano, come del resto i neutroni. Il risultato ultimo è la distruzione dei tessuti animali e vegetali, nonché la loro alterazione nel tempo.

            Per il personale militare e sanitario si creano i seguenti problemi : individuazione e delimitazione delle aree contaminate, la bonifica eventuale, l’organizzazione dei soccorsi.

            Sono pertanto indispensabili sia i mezzi di protezione individuali che collettivi, ai quali affiancare i mezzi di rilevamento della radioattività ( contatori Geiger), anche le maschere antigas assumono una notevole importanza, al fine di impedire l’inspirazione di polveri radioattive, sebbene riducano l’ampiezza visiva.

            Dopo l’esplosione atomica i contatori Geiger dovevano servire non solo a  determinare l’area contaminata, ma anche a rilevare la quantità di radioattività assorbita dagli uomini, veniva raccomandato nelle Scuole Militari di comunicare al Comando i dati relativi all’assorbimento della radioattività così che si potesse determinare la residua capacità di combattimento dei reparti.

            Infatti vi era una apposita tabella in cui erano riportati per ogni intervallo di contaminazione quanti giorni di sopravvivenza erano previsti, prima che i sintomi, quali versamenti di sangue, nausea e dolori si manifestassero, questo era particolarmente importante per prevedere i tempi a disposizione per i rincalzi, a tal fine si raccomandava ai reparti di continuare a combattere nonostante la contaminazione fino alla manifestazione dei sintomi innanzi descritti.

            Venivano fornite inoltre pastiglie antidolorifiche aumentando i tempi di combattimento, queste, insieme alle siringhe auto iniettanti di atropina quale antidoto all’avvelenamento da gas organofosforici e le bende contro l’iprite e i gas mostarda per le ustioni sulla pelle, servivano anche contro alcune tipologie di agenti chimici.

 

Nota

 

L. Malatesta, I comandi protetti della Nato, 1°  Roc Monte Venda, Back Yard e We

Nessun commento:

Posta un commento